La pazienza del vino passito
Come si fa il vino passito? Vi sveliamo i segreti tra curiosità e lunghe attese.
Il mondo del vino, in realtà, è sempre fatto di attese. Ne abbiamo parlato già in altre circostanze: il periodo della fermentazione, ad esempio, è un vero e proprio momento di passaggio, in cui il vinificatore è costantemente sotto pressione. Servono le giuste condizioni in cantina, bisogna valutare tutti gli agenti, da quelli meteorologici a quelli interni all’azienda. Un errore potrebbe mettere a rischio l’intera produzione.
Per il vino passito, questa tensione di fondo viene addirittura esasperata.
Ne sa qualcosa il nostro Buseta e Boton – Rosso Passito I.G.T. della linea Ambasciata del Buon Vino.
Come si fa il vino passito?
La prima attesa è quella della vendemmia: si cerca di portarla in avanti il più possibile, fino a sfruttare gli ultimi giorni del settembre boscoso di Cavaion Veronese. Le piogge si fanno più intense, l’odore di funghi e di foglie accartocciate diventa persistente. Si può sentire persino qualche caminetto scoppiettare, con su il paiolo della polenta.
Si cerca di sfruttare ogni singolo attimo della maturazione delle uve Merlot e Corvina, anche se non si può parlare tecnicamente di una vendemmia tardiva. L’obiettivo è, in ogni caso, quello di agevolare l’appassimento in fruttaio, distendendo sui graticci dei grappoli che – per quanto possibile – abbiano un contenuto di acqua ridotto.
Due mesi di passione, per iniziare il viaggio del passito. È questo il momento cruciale: temperature intorno ai 30 °C, umidità al 50-60%. Un clima da capogiro, con l’odore di mosto che diventa martellante, totalizzante. È di questo che sanno i borghi del Veronese tra ottobre e novembre. Nebbia, selvaggina e fruttaio inebriante.
Il resto è una lunga fermentazione, un infinito invecchiamento. Diciotto mesi per conoscere il responso della vendemmia, per capire se il colore è della stessa profondità del rubino, se la goccia tinge, se in fondo all’assaggio si percepisce quella nota di cannella che smorza l’astringenza del tannino. Per trovare la strada della dolcezza di un passito, bisogna farsi amico lo scorrere del tempo.